La mentalità, di cui sopra, si denomina populismo. Populisti, narodniki (da narod, popolo), si chiamavano i russi di fine Ottocento i quali, riconosciute le infinite virtù del mondo contadino opposte alle degenerazioni aristocratiche o della nascente borghesia, proponevano una rivoluzione fondata sulla comunità rurale, l'obscina. Il fatto, ed è il punto, è che i populismi poggiano, prima di tutto ma non solo, sulla grande menzogna, accettata a piene mani in conseguenza di una naturale propensione autoassolutoria, della intrinseca moralità delle masse. Non serve un dottorato per afferrare il concetto. Il caso italiano e, meglio ancora, del Mezzogiorno sta lì a confermarlo. Limitandosi ad un esempio, fossero veri i dati sulle pensioni di invalidità elargiti tra i Settanta e gli Ottanta, nel Sud del Paese allora avremmo una ciurma di handicappati da riempire magalopoli. E le baby-pensioni, quelle promosse dallo statista Andreotti, furono accolte a furor di popolo. Per non dire della proliferazione di una amministrazione pubblica pletorica. La cultura camorristica diffusa, infine, è il caso più eclatante. Ma non la camorra organizzazione ma quello spirito prevaricatore votato all'abuso che è il brodo di coltura delle mafie.
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